Radioattività e radiazioni ionizzanti

Esposizione alle radiazioni ionizzanti

Con il termine “radiazioni ionizzanti” si indicano particelle o onde elettromagnetiche dotate di sufficiente energia tale da “ionizzare” la materia che attraversano. Ogni essere vivente sulla Terra è da sempre continuamente esposto a radiazioni ionizzanti, siano esse proveniente dai raggi cosmici o da elementi radioattivi presenti naturalmente nella crosta terrestre. Il fenomeno delle radioattività è infatti una delle fonti principali di esposizione alle radiazioni ionizzanti. Gli elementi radioattivi, sia naturali che artificiali, sono infatti presenti in ogni suolo e anche nella biosfera. Essi possono dunque, attraverso il cibo o tramite inalazione, essere incorporati dall’organismo e dar luogo ad un irraggiamento interno che va a sommarsi all’irraggiamento esterno dovuto ai radionuclidi presenti nel suolo e nelle rocce.

L’intensità delle radiazioni ionizzanti sulla Terra varia da luogo a luogo, anche notevolmente. Si calcola che, a livello mondiale, più dell’80 % dell’esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti derivi da sorgenti naturali, mentre solo il 20 % sia dovuto all’attività umana a causa di sorgenti artificiali, quasi esclusivamente per scopi medici.

Se infatti si escludono le sorgenti di radiazioni ionizzanti di origine medica (radiografie, TAC, mammografie, esami di medicina nucleare, radioterapie, eccetera), l’esposizione media alle radiazioni ionizzanti è dovuta pressoché totalmente a fonti naturali.

Nel diagramma a torta che segue (Figura 1) sono mostrati i contributi medi delle principali fonti di esposizione alle  radiazioni ionizzanti per il Piemonte, stimati da ARPA sulla base dei dati di monitoraggio ambientale, ed espressi in termini di dose efficace rilasciata mediamente in un anno solare a un generico individuo della popolazione[1].

Come si vede il contributo principale, quasi il 70%, è dovuto al radon, un gas radioattivo naturale che si genera spontaneamente nella crosta terrestre a partire dall’uranio.

La radioattività naturale

Gli elementi radioattivi di origine naturale, detti anche radionuclidi naturali, si distinguono in due classi: i radionuclidi cosmogenici e i radionuclidi primordiali.

La Terra è colpita continuamente da una radiazione di origine cosmica primaria, che vede la sua fonte principale nel Sole (67%) e in percentuale minore (33%) nella galassia. Questa radiazione cosmica colpisce gli strati esterni dell’atmosfera terrestre che ne assorbe la gran parte, rendendo in tal modo abitabile per le varie forme di vita la superficie del Pianeta.

L’elevatissima energia dei raggi cosmici genera inoltre nell’atmosfera una imponente cascata di reazioni nucleari che danno a loro volta origine a molte altre particelle secondarie che rivestono un ruolo fondamentale nella produzione di alcuni radionuclidi che per questo motivo sono detti appunto cosmogenici. Ve ne sono moltissimi. I più abbondanti sono alcuni isotopi radioattivi del berillio, del sodio, dell’idrogeno e del carbonio: Be-7, Na-22, H-3, detto anche trizio, e il C-14.

I radionuclidi primordiali si ritiene invece che siano formati a seguito di una complessa catena di reazioni di fusione nucleare, di assorbimento di neutroni e di decadimenti b in una stella originaria, che infine è esplosa in una supernova.

La gran parte dei radionuclidi primordiali appartiene alle tre famiglie radioattive naturali:

  • La famiglia del torio che ha per capostipite, cioè per nuclide originario, il Th-232;
  • La famiglia dell’uranio che ha per capostipite l’U-238;
  • La famiglia dell’attinio che ha per capostipite l’U-235.

Al termine di ciascuna famiglia vi è un isotopo stabile del piombo. In Figura 2 è mostrata la famiglia dell’uranio.  In tutte e tre le famiglie è sempre presente un radionuclide allo stato gassoso, il radon, la cui presenza costituisce, tra l’altro, una delle principali ragioni della diffusione della radioattività ambientale:

  • il radon (Rn-222) nella serie dell’uranio;
  • il toron (Rn-220) in quella del torio;
  • l’attinon (Rn-219) in quella dell’attinio.

La presenza del radon nella crosta terrestre è ubiquitaria. In alcune zone, l’esposizione al radon nelle abitazioni, a causa della presenza dell’uranio nel suolo e nei materiali da costruzione può rappresentare uno dei maggiori problemi di radioprotezione dei giorni nostri.

La radioattività artificiale

Storicamente il rilevamento a livello planetario di consistenti livelli di radioattività artificiale nell’ambiente risale alla prime fasi della Guerra Fredda (1945-1963), nel secondo dopoguerra. In quel periodo numerosissimi test atomici in atmosfera vennero effettuati, principalmente da Stati Uniti d’America ed Unione Sovietica, per la maggior parte nei rispettivi poligoni nucleari (Nevada e Semipalatinsk) e nell’Oceano Pacifico. Altre dispersioni di radioattività artificiale, più delimitate geograficamente, sono addebitabili ad alcuni gravi incidenti nucleari, tra cui ricordiamo quelli di Windscale (1957; Nord Inghilterra), Majak (1957; Russia, Monti Urali), Chernobyl (1986; Ucraina) e più recentemente quello di Fukushima (2011; Giappone). Di questi, l’incidente maggiormente rilevante è stato senza dubbio quello di Chernobyl, le cui ricadute radioattive hanno interessato tutta l’Europa, sia orientale che occidentale, Italia compresa.

Incidenti a parte, le centrali nucleari in esercizio non contribuiscono significativamente alla contaminazione ambientale. In Italia poi le centrali nucleari e le altre installazioni connesse al ciclo del combustibile non sono da tempo più in esercizio e sono attualmente in corso le attività di disattivazione delle installazioni e di messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dal pregresso esercizio. L’impatto che producono sull’ambiente è pertanto ancora più ridotto rispetto al precedente periodo di funzionamento. Resta tuttavia un ingente quantitativo di materie e rifiuti radioattivi ancora stoccati provvisoriamente presso i vari siti, in attesa di condizionamento e smaltimento definitivo nel deposito nazionale.

In particolare, in Piemonte sono presenti tutti gli impianti del ciclo del nucleare – la centrale nucleare “E.Fermi” di Trino (VC), l'impianto di riprocessamento del combustibile “Eurex” ed il deposito di combustibile irraggiato “Avogadro” di Saluggia (VC), lo stabilimento per la produzione del combustibile nucleare Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (AL) – nei quali sono in corso le attività di messa in sicurezza e disattivazione. Come emerge dall’ “Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi – edizione ottobre 2021”, il Piemonte possiede circa l’81% dei rifiuti radioattivi nazionali (in termini di “attività”) allo stato solido e liquido, compresi alcuni elementi di combustibile irraggiato.

Altre fonti di radioattività artificiale nell’ambiente provengono da un’ampia gamma di attività industriali e mediche. In questi settori vengono infatti impiegati sorgenti di radiazione di diverso genere, sia solide che liquide che possono costituire una fonte di rischio per la popolazione e per l’ambiente. In campo industriale si hanno ad esempio apparecchi per misure di livello, di spessore e calibri, apparecchi per radiografia industriale, rivelatori di fumo, e altro; in campo medico ospedaliero diversi strumenti di diagnostica e terapia utilizzano sorgenti radioattive, mentre in campo farmaceutico sono sempre più diffusi farmaci marcati con sostanze radioattive.

 

[1] La dose efficace è una grandezza fisica che esprime sinteticamente l’entità dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti, in tutte le loro forme. La sua unità di misura è il Sievert (Sv), ma più frequentemente è utilizzato il milliSievert (mSv), pari a un millesimo di Sievert.

Note

    Ultima modifica 08 Novembre 2024