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Approfondimenti » Clima » Il Cambiamento Climatico » Domande&Risposte
 

L'approfondimento della tematica del Cambiamento Climatico, sia a scala globale sia a scala locale, passa anche e soprattutto nel dare risposta ai quesiti più importanti che possono emergere nel corso di un dibattito aperto e comprensibile a tutti.

 

D.  E' vero ciò che recita il luogo comune, ovvero che non esistono più "le stagioni di una volta"? È cambiato così tanto il clima planetario negli ultimi decenni?

R.  Se guardassimo ad estati torride in Europa, come quella del 2003, o ad inverni senza neve sulle Alpi Italiane come quello del 2006-2007,  potremmo giungere facilmente alla conclusione che effettivamente "non esistono più le mezze stagioni". Occorre tuttavia fare attenzione a non confondere il tempo meteorologico, cioè quello che succede giorno per giorno, con il clima, cioè la media del tempo meteorologico su lunghi periodi, di almeno 20-30 anni. Ossia: non è una stagione fuori dalla norma a farci dire che il clima sta cambiando.
Quello che si può affermare con un buona sicurezza, sulla base di numerosi studi di settore raccolti dall'Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC), è che nell'ultimo secolo la temperatura del nostro pianeta è aumentata di poco meno di 1 °C in media (ma molto di più nelle zone artiche e in zone particolarmente sensibili come le aree montuose alpine), i ghiacci polari sono diminuiti anche in modo drastico, i ghiacciai montani sono in costante ritiro, in modo considerevole soprattutto nell'emisfero settentrionale e il livello degli oceani si è alzato.

 

D. Quali sono le cause di questi cambiamenti climatici? Sono naturali o indotte dai comportamenti dell’uomo?

R.  L'IPCC è l'agenzia delle Nazioni Unite che raccoglie tutti gli studi a proposito dei cambiamenti climatici e redige rapporti sul clima globale grazie al lavoro di tutti gli scienziati del clima più importanti (il prossimo è previsto per il 2013).
Nell'ultimo rapporto dell'IPCC (2007) si afferma che una parte del cambiamento climatico osservato nell'ultimo secolo si può attribuire con alta attendibilità (95%) alle attività umane, ed in particolare all'emissione di gas serra (soprattutto anidride carbonica e metano) nell'atmosfera e alla deforestazione incontrollata. L'influenza dell'uomo sul clima è crescente, cioè i contributi naturali alle variazioni climatiche sono stati via via meno importanti nel corso del XX secolo e, viceversa, dagli anni '70 circa si può affermare che buona parte del cambiamento climatico osservato è causato dalle attività umane.
 

D. Quali sono i cambiamenti climatici più evidenti?

R. Anche se un aumento delle temperature medie di circa 1 °C può sembrare di lieve entità, in realtà un piccolo spostamento sulla media può avere effetti molto significativi sugli estremi della distribuzione delle temperature: in altre parole, gli episodi di caldo intenso e prolungato sono aumentati di frequenza in modo significativo.
Al momento, gli effetti più evidenti dei cambiamenti climatici a livello globale sono senz'altro il forte ritiro dei ghiacciai montani (sulle Alpi alcuni di essi sono arretrati anche di alcuni km), la perdita di buona parte dei ghiacci del Polo Nord e l'innalzamento del livello dei mari.


D. E quali i più pericolosi per la nostra società?

 R. Più che pericolo sarebbe meglio parlare di rischio. La società umana si è sempre saputa adattare al clima ed al suo cambiamento. In discussione qui c'è semmai la sua capacità di rispondere in modo adeguato a mutamenti che molti segnali, indicano più repentino di quanto accaduto in passato.

Connesso al concetto di rischio vi è sempre nascosta un'opportunità: nulla vieta che le nostre scelte attuali inneschino un circolo virtuoso che si può concretizzare, nel futuro, in termini di sostenibilità e cura verso l'ambiente.

Allo stato attuale, ossia in condizioni di in-azione, le agenzie delle Nazioni Unite che valutano gli impatti a lungo termine del cambiamento climatico sulle popolazioni umane segnalano l'effetto dell'inondazione delle zone costiere (e la penetrazione delle acque salate nelle falde acquifere) e l'estensione delle zone desertiche verso nord. Un'attenzione particolare in questo momento è dedicata alle zone dell'Himalaya, dove la diminuzione dei ghiacciai potrà avere conseguenze molto significative sull'approvvigionamento idrico di una delle zone più popolate del mondo.
Purtroppo gli effetti del cambiamento climatico andranno a colpire soprattutto popolazioni in paesi in via di sviluppo, potenzialmente aggravando alcune situazioni di criticità già esistenti e aumentando i flussi migratori.

 

D. A livello locale, in Piemonte, o comunque nell’Italia settentrionale, Questi mutamenti climatici sono tangibili? Come si manifestano? Hanno già creato conseguenze? Se sì, quali?

R. Il Piemonte si trova al confine tra due zone particolarmente sensibili al cambiamento climatico, il Mediterraneo e le Alpi. Infatti, le osservazioni disponibili ed elaborate da Arpa Piemonte, hanno evidenziato un aumento delle temperature nella nostra regione di 1.5 °C negli ultimi 60 anni, in pratica il doppio rispetto alla media globale. Le precipitazioni invece non sono cambiate in modo significativo, sebbene vi sia un debole segnale statistico di un aumento degli eventi "estremi" negli ultimi anni. In altre parole: periodi siccitosi più prolungati alternati a piogge più intense.
Un effetto molto appariscente del cambiamento climatico in Piemonte è stato l'anticipo del periodo di disgelo che, al di sopra dei 2000 m di quota, risulta essere in anticipo di quasi un mese nel corso degli ultimi 60 anni. Come conseguenza (anche se non unica), i ghiacciai del Piemonte hanno subito un forte arretramento nell'ultimo secolo. Inoltre le specie vegetali ed animali si stanno spostando verso quote più elevate man mano che le nostre montagne sono interessate da un clima più mite.
Le nostre proiezioni per il cambiamento climatico in Piemonte indicano che intorno al 2050 possiamo aspettarci un aumento delle temperature simile a quanto già osservato negli ultimi 60 anni, nuovamente al di sopra della media globale. Vi è poi un debole segnale di un aumento dei periodi secchi, specialmente d'estate, mentre le precipitazioni dovrebbero aumentare in primavera e autunno.

 

D. Come bisogna porsi davanti ai cambianti climatici? Bisogna adattarsi e subirli passivamente oppure si possono tenere dei comportamenti tali da favorire i cambiamenti positivi e prevenire quelli dannosi?

R. Entrambi. Adattamento e Mitigazione sono due strategie complementari ed interconnesse, che hanno tempi di implementazione e pianificazione differenti, ma anche efficacia, nei confronti dei cosidetti "danni climatici", diverse.

L'adattamento è necessario sul medio-breve periodo: il clima è in costante mutamento ma la caratteristica principale del cambiamento climatico in atto sembra essere la sua rapidità. Le società umane si sono sempre adattate al clima che cambia, per cui è necessario studiare attentamente quanto accade e imparare a convivere con le nuove condizioni. Allo stesso tempo, su scale temporali più lunghe ma con efficacia decisamente superiore, non si può prescindere dalle azioni di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. In questo senso, la soluzione principale è la riduzione dell'emissione dei gas clima-alteranti attraverso l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e sostenibili per l'ambiente. Qui ogni cittadino può fare la sua parte, sia con i suoi comportamenti quotidiani sia chiedendo ai decisori di accelerare la transizione verso l'utilizzo di tecnologie sempre più rispettose dell'ambiente.