Energia elettrica, tra produzione consumi e riduzione della CO2

6 dicembre 2017

In materia di energia l'Unione europea ha fissato, entro il 2020, i seguenti obiettivi:

  • ridurre del 20% il consumo energetico previsto;
  • aumentare del 20% la quota delle energie rinnovabili nel consumo energetico totale (elettricità, riscaldamento e raffreddamento, trasporti);
  • ridurre di almeno il 20% le emissioni di gas a effetto serra.

La problematica energetica è trasversale a molteplici attività svolte dall’Agenzia quali il controllo delle emissioni in atmosfera, il monitoraggio della qualità dell'aria e le valutazioni ambientali di progetti, piani e programmi.

Il bilancio dell’energia elettrica è un quadro riassuntivo dell’energia elettrica prodotta e consumata, importata ed esportata in un determinato territorio. Per quanto riguarda la produzione sono riportate in dettaglio le diverse fonti utilizzate, per i consumi sono dettagliati i settori di utilizzo.

Il bilancio consente di quantificare anche le perdite che differenziano i dati produttivi da quelli di consumo.

È presente un elevato contributo di energia elettrica derivante dall’estero (12,88 TWh) ma la maggior parte è solo in transito perché destinata ad altre regioni (11,96 TWh), pertanto in Piemonte rimangono 0,92 TWh. Il saldo compensa le differenti produzioni per soddisfare i consumi che non hanno subito variazioni significative negli ultimi 4 anni.

L'analisi dei dati elettrici di Terna (operatore di reti per la trasmissione dell'energia) evidenzia che il contributo della produzione regionale alla copertura del fabbisogno nel 2016 mostra un deficit rispetto alla domanda del 4%. Occorre ricordare che spesso l’importazione di energia è dovuta a logiche di mercato più che a deficit di capacità produttiva: alcune volte può essere più conveniente importare che produrre. Nel panorama nazionale le Marche hanno il maggior deficit elettrico (-69%), seguite dall’Umbria (-54%) e dal Veneto (-45%). Le regioni che invece presentano un maggiore surplus sono: la Valle d’Aosta (+185%), la Calabria (+157%) e la Puglia (+79%).


Produzione

Per quanto riguarda la produzione di energia elettrica, questa può dipendere da vari fattori come ad esempio i fattori climatici per l’energia idroelettrica o gli incentivi per le energie rinnovabili. La voce più significativa riguarda la termoelettrica tradizionale che influisce per il 60% sul totale della produzione regionale.

Tra le fonti di energia rinnovabile il maggior contributo deriva dall’idroelettrica rinnovabile la cui produzione è fortemente influenzata dalle condizioni metereologiche e incide per circa il 26% sul totale della produzione.

L’andamento degli ultimi anni registra a livello regionale un incremento della componente termoelettrica e una riduzione di quella idroelettrica.

A seguito del decreto “Sblocca Centrali” del 2002, che semplifica le procedure autorizzative alla costruzione di impianti termoelettrici, si è assistito ad una accelerazione dello svecchiamento del parco termoelettrico nazionale. Il decreto ha dato impulso a un cospicuo afflusso di investimenti che, nell’arco di 5 anni (tra il 2003 e il 2007), ha consentito un incremento di ben oltre il 100% della produzione a ciclo combinato, prendendo di fatto il posto dei vecchi impianti termoelettrici alimentati a prodotti petroliferi.

Il cambio nel mix di combustibili ha avuto effetti diretti sul livello di emissioni del parco installato italiano. Data la relativa stabilità del carbone come combustibile, il maggior utilizzo del gas ha di fatto sostituito i prodotti petroliferi che sono più inquinanti. Infatti le emissioni totali a livello nazionale del parco di generazione relative alla CO2 sono passate da 132,5Mt nel 2000 a 101,2Mt alla fine del 2016.

Produzione da fonte rinnovabile

Una riduzione della CO2 è derivata anche dalle fonti rinnovabili. Infatti, se l’utilizzo delle rinnovabili era in Italia del 18,4% nel 2000, tale percentuale ha raggiunto il 43% nel 2014 per poi ridursi nel 2016 a 37,3%. La forte crescita delle rinnovabili dunque ha contribuito alla riduzione generale delle emissioni (oltre al calo della domanda). Le energie rinnovabili hanno presentato un picco nel 2011, grazie anche ad un quadro legislativo particolarmente incentivante. Dal 2014 il ritmo di crescita del settore si è stabilizzato su livelli più contenuti.

Una particolare enfasi allo sviluppo delle energie rinnovabili è stata data dal terzo Pacchetto Energia e il Pacchetto Clima 2020, approvati nel 2008 dall’Unione europea, facendo leva su politiche integrate clima-energia per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto su scala europea. La Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili stabilisce che al 2020 l’UE 27 debba raggiungere una quota di energia rinnovabile sul consumo finale lordo pari al 20%.  

La quota che spettava all’Italia per il 2020 è stata raggiunta già nel 2012 quando la produzione elettrica da fonti rinnovabili ha raggiunto il 27,1% del consumo interno lordo, centrando - con otto anni di anticipo - l’obiettivo del 26,4% di elettricità rinnovabile utilizzata. Tale risultato, raggiunto nonostante una bassa piovosità e quindi un minor contributo degli apporti naturali di energia idraulica (rispetto al 2011), è stato favorito dalle politiche di incentivazione delle fonti rinnovabili (Conti energia, Certificati verdi, CIP6 e Tariffe omnicomprensive).

La fonte idraulica, che ha guidato il parco rinnovabile per molti anni, è stata affiancata in modo significativo dalle “nuove rinnovabili”: le bioenergie, il fotovoltaico e l’eolico. Il Piemonte detiene una quota di produzione del 39% da rinnovabili e il 61% da tradizionale. Nella figura si riporta la composizione percentuale della produzione rinnovabile con suddivisione regionale.

I consumi

Per quanto riguarda i consumi in Piemonte, le voci più significative sono l’industria (49,1%), il terziario (30,9) e il domestico (18,6%).

Negli anni il consumo di energia elettrica ha seguito un po’ l’evoluzione della situazione economica della regione. Il consumo di energia da parte dell’industria è cresciuto in modo consistente dal 1983 al 2007, con un crollo nel 2008 dovuto essenzialmente alla crisi economica e alla chiusura di diverse attività. Dopo tale data l’andamento dei consumi è rimasto altalenante e stazionario negli ultimi quattro anni. Nell’ambito dell’industria i maggiori consumi di energia elettrica nel 2016 sono a carico dell’industria meccanica (11%) e di quella cartaria (5,4%).

Il terziario, invece, presenta un aumento lento ma costante, triplicando il suo valore dal 1977 al 2016. I consumi del terziario, così come descritto nel documento “Scenari della domanda elettrica in Italia 2016-2026”, sono destinati a divenire preponderanti nel medio termine dopo aver sorpassato, a fine anni ‘90, i consumi del settore domestico.

Più lieve invece è l’aumento del consumo domestico che si è stabilizzato su valori abbastanza costanti negli ultimi 10 anni e con una leggera flessione dal 2013. Infatti, seppure in ritardo rispetto all’industria, anche i consumi domestici hanno risentito degli effetti negativi della recessione, che ha aumentato la disoccupazione e ridotto il reddito delle famiglie.

Per contro il calo del settore domestico è anche il risultato delle politiche incentivanti introdotte negli ultimi anni riguardo la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio associata ad un ricambio del parco elettrodomestico di ultima generazione.

In definitiva, la flessione risente in parte della positiva tendenza ad un uso più consapevole dell’energia elettrica e a un incremento dell’efficienza energetica con l’obiettivo peraltro di ridurre le emissioni di CO2.

 

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