Inquinamento da particolato PM10: il riscaldamento domestico

31 gennaio 2019

Siamo giunti alla terza puntata dedicata agli approfondimenti delle sorgenti responsabili dell’inquinamento da particolato PM10. Dopo un primo inquadramento generale e l’analisi specifica del comparto emissivo del trasporto stradale, il punto di oggi è sul riscaldamento domestico.

Con l’arrivo della stagione fredda si assiste ogni anno ad un peggioramento della qualità dell’aria, rilevabile dal numero di superamenti più o meno elevato del valore limite stabilito dalla normativa per il particolato PM10; tale situazione deriva dall’effetto combinato di due fenomeni: da una parte l’attivazione dei sistemi di riscaldamento domestico, dall’altra le condizioni meteorologiche invernali tipicamente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti.

Nella Figura 1 sono rappresentate le emissioni di particolato primario PM10 ripartite nei singoli mesi dell’anno: mentre per la maggior parte del territorio piemontese nei mesi invernali il contributo emissivo della sorgente riscaldamento risulta predominante (grafico in alto), per il capoluogo torinese questo non avviene grazie alla diffusione del teleriscaldamento (grafico in basso).

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Figura 1: Contributo dei comparti emissivi alle EMISSIONI di particolato primario PM10 nel corso dell’anno (IREA- Inventario Regionale Emissioni 2013)

Tra i diversi combustibili utilizzati per il riscaldamento domestico, la legna risulta di gran lunga quello maggiormente inquinante per quanto riguarda il particolato PM10. Nella Figura 2 sono confrontati i contributi alle EMISSIONI di ossidi di azoto (a sinistra) e alle EMISSIONI di particolato primario PM10 (a destra) da parte dei diversi combustibili utilizzati negli impianti di riscaldamento domestico. È evidente come il metano e le biomasse siano equamente corresponsabili delle emissioni di ossidi di azoto, mentre per il particolato PM10 primario l’uso delle biomasse è preponderante in maniera quasi esclusiva.

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Figura 2: Contributo dei diversi combustibili alle emissioni di ossidi di azoto e di particolato primario PM10 legate al riscaldamento (IREA- Inventario Regionale Emissioni 2010)

Anche i sistemi di riscaldamento che usano biomassa come combustibile hanno una differente responsabilità nell’apporto emissivo di particolato primario, che è ben rappresentata nella Figura 3, nella quale sono rappresentati i fattori di emissione associati alle varie tipologie di impianti termici.

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Figura 3: Confronto tra Fattori di emissione (g/GJ) del particolato primario PM10 per impianti termici alimentati a biomassa   (Wiki INEMAR)  

La promozione delle energie rinnovabili nella lotta ai cambiamenti climatici – che ha incrementato la combustione di biomassa legnosa in ambito domestico, in quanto fonte rinnovabile con emissioni neutre di CO2 (carbon neutral) – si è rivelata una strategia ad impatto negativo sulla qualità dell’aria, in modo particolare soprattutto per quanto riguarda il particolato PM10. Ad esempio, nel caso della città di Torino, gli effetti benefici della diffusione del teleriscaldamento - incentivata dalle politiche regionali di risanamento della qualità dell’aria attivate negli scorsi anni - sono parzialmente limitati dalla diffusione dei sistemi di riscaldamento a legna nei comuni dell’area extraurbana.

In particolare, nell’ambito dei generatori di calore alimentati a biomassa legnosa, è stato rilevato nel corso dell’ultimo decennio un forte incremento del consumo di energia legato alle stufe alimentate a pellet, come è visibile nel grafico di Figura 4 (Valter Francescato, (2016), Evoluzione del consumo di legna e pellet e delle emissioni di PM10 dalla combustione residenziale in Italia, Agriforenergy, Articolo tecnico AIEL.).

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Figura 4: Evoluzione del consumo di energia del parco generatori domestici in Italia (fonte AIEL – Associazione Italiana Energie Agroforestali – 2016)

La diffusione delle stufe a pellet ha determinato una situazione di criticità per la gestione della qualità dell’aria, caratterizzata da un mercato e da un utilizzo incontrollati (provenienza incerta del combustibile, uso di pellet non certificato, installazione non corretta degli impianti).

Lo studio delle responsabilità del riscaldamento domestico a legna/pellet in relazione all’inquinamento da particolato PM10 non può però essere limitato alla sola analisi del contributo alle EMISSIONI, che prende in considerazione esclusivamente la componente primaria del particolato PM10 senza considerare i processi chimico-fisici che avvengono in atmosfera. Le CONCENTRAZIONI in aria ambiente di PM10 misurate nelle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria sono il risultato della combinazione di più fenomeni:

  • le reazioni chimiche che avvengono in atmosfera a partire dai cosiddetti precursori del particolato primario (ossidi di azoto, ammoniaca, biossido di zolfo), che producono la componente secondaria del particolato PM10, che si somma alla componente primaria emessa localmente nel comune in esame (contributo endogeno);
  • il trasporto, ad opera della circolazione atmosferica, delle componenti primaria e secondaria del particolato PM10 provenienti dai comuni limitrofi al comune in esame (contributo esogeno).

Le concentrazioni stimate dal Sistema Modellistico Regionale in uso presso Arpa Piemonte riproducono quanto viene misurato dalle stazioni di monitoraggio, ricomprendendo sia la componente primaria sia la componente secondaria. Nel Piano Regionale, per determinare l’importanza del riscaldamento a legna, al Sistema Modellistico Regionale è stata applicata la metodologia del source apportionment, in grado di stimare il contributo da parte delle differenti sorgenti alle concentrazioni degli inquinanti.

Analizzando i risultati del source apportionment modellistico, è stato possibile individuare il contributo percentuale alle CONCENTRAZIONI degli inquinanti da parte del riscaldamento a legna, non solo rispetto al riscaldamento che adotta altri combustibili, ma anche rispetto ad altri comparti emissivi.

Nelle Figura 5 sono stati messi a confronto alcuni risultati del source apportionment modellistico: come si può vedere, nella stazione di Torino-Lingotto – presa come esempio di stazione di monitoraggio di fondo urbano nel capoluogo piemontese - si stima un contributo percentuale annuale sulle CONCENTRAZIONI di particolato PM10 da parte del riscaldamento intorno al 49%, di cui il 44% deriva dal riscaldamento a legna.

Nella stazione di Borgaro, presa come esempio di stazione di fondo suburbano nell’Agglomerato di Torino, il contributo percentuale del riscaldamento a legna risulta più elevato (59%), ma aumenta ancora di più nel caso della stazione di fondo urbano di Biella-Don Sturzo (81%), rappresentativa dell’area pedemontana del Piemonte.
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Figura 5: Contributi percentuali alle CONCENTRAZIONI medie annuali di particolato PM10 presso una stazione di fondo urbano rappresentativa della città di Torino (stazione di Torino-Lingotto, in alto), presso una stazione di fondo suburbano rappresentativa dell’Agglomerato di Torino (stazione di Borgaro, al centro) e presso una stazione rappresentativa della zona pedemontana (stazione di fondo urbano Biella-Don Sturzo, in basso) – Source apportionment modellistico (Arpa Piemonte)

La rilevanza del contributo della sorgente biomassa (sistemi di riscaldamento domestico alimentati a legna o pellet) - risultante dal source apportionment modellistico - è stata confermata dalle tecniche di source apportionment analitico (modello PMF dell’EPA applicato ai risultati analitici della composizione chimica del particolato PM10 campionato presso le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria), che utilizzano il levoglucosano come tracciante specifico per la biomassa legnosa: nella Figura 6 è sintetizzato il contributo percentuale alle concentrazioni misurate nel periodo invernale presso la stazione di Torino-Lingotto.

Va sottolineato che, mentre le tecniche di source apportionment modellistico riescono a discriminare sia il particolato primario (direttamente emesso in atmosfera) sia il particolato secondario (formatosi in atmosfera), le tecniche di source apportionment analitico non sono in grado di attribuire l’origine del particolato secondario inorganico (nitrato di ammonio e solfato di ammonio) alle specifiche sorgenti. Al contributo stimato tramite il source apportionment analitico andrebbe quindi aggiunta una quota – sicuramente significativa, ma non discriminabile quantitativamente con le attuali informazioni – del contributo genericamente indicato come “secondario”.

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Figura 6: Contributi percentuali alle CONCENTRAZIONI medie annuali di particolato PM10 presso una stazione di fondo urbano rappresentativa della città di Torino (stazione di Torino-Lingotto) – Source apportionment analitico

In conclusione, la pianificazione finalizzata alla riduzione delle emissioni di PM10 dovute all’uso alla biomassa, dovendo affrontare criticità diffuse sul territorio regionale e non facilmente gestibili a livello di provvedimenti locali, necessita di un approccio multidisciplinare integrando le politiche energetiche, climatiche e di qualità dell’aria.

Sul tema dell’uso della legna ai fini energetici – con l’obiettivo di sfatare i luoghi comuni ed informare correttamente i cittadini – è possibile aderire alla campagna “Brucia bene la legna, non bruciarti la salute, promossa dal progetto europeo LIFE+ PREPAIR per sensibilizzare i cittadini al corretto utilizzo della biomassa legnosa. Il progetto coinvolge 18 partner nazionali (tra cui Arpa Piemonte) e internazionali per studiare ed attuare una strategia che affronti in maniera coordinata il problema dell’inquinamento atmosferico nell’area del Bacino Padano.

 

 

 

 

 

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