FAQ 5G

 5G - COS’È E COME FUNZIONA

  1. Che cos’è il 5G e a che cosa serve?

  2. Come funzionano le smart antennas del 5G?

  3. Come è fatto il segnale 5G?

  4. È vero che le onde del 5G sono “nuove”, ovverosia che non sono mai state indagate dalla scienza? (È vero che il 5G usa frequenze mai usate? - È vero che il 5G userà frequenze “migliaia di volte” superiori a quelle usate finora?)


IL 5G E L’ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI

  1. Cosa succede per quanto riguarda l’esposizione ai campi elettromagnetici? Rispetto ai segnali delle generazioni precedenti, cosa cambia in termini di impatto elettromagnetico per il 5G?

  2. Qual è il ruolo degli enti di controllo nel tutelare la popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici generati dal 5G?

  3. È vero che Arpa e gli enti di controllo non sanno come misurare il 5G?

  4. Come vengono date le autorizzazioni per i nuovi tralicci? L'Arpa è in grado di valutare preventivamente l'impatto elettromagnetico dei segnali 5G?

 

IL 5G E LA SALUTE

  1. È vero che il 5G fa male? Possiamo garantire che queste onde non siano pericolose? I recenti (2018) risultati dell’NTP americano e del Ramazzini italiano hanno mostrato allarmanti conclusioni. È vero?

  2. Esistono dati sul rischio e limiti di esposizione per tutte le bande di frequenza?

  3. Esistono dei limiti più bassi per scuole e ospedali?

  4. È applicabile il principio di precauzione nello sviluppo delle reti 5G?

  5. L’avvento del 5G richiede un adeguamento normativo?

 

LA DIFFUSIONE DEL 5G

  1. Come si sta sviluppando la rete 5G in Piemonte?

  2. Tutte le SRB installate di recente hanno sistemi 5G?

  3. Sta aumentando il numero di antenne/tralicci?

 

  1. Che cos’è il 5G e a che cosa serve?

Il 5G è un sistema di telecomunicazioni che permette un flusso di informazioni più efficiente rispetto a quanto esistente sinora. Questa maggiore efficienza (maggiore velocità, minore tempo di latenza, possibilità di connettere moltissimi dispostivi, ecc.) è ottenuta grazie a particolari tipologie di antenne (smart antennas) e al modo di codificare le informazioni nel segnale elettromagnetico.

Grazie a queste sue caratteristiche, serve per permettere il collegamento di un grande numero di dispositivi (ad esempio nella domotica), comunicare molto velocemente, in modo da poter garantire operazioni a distanza con tempi di reazione immediati (auto a guida autonoma, medicina a distanza, ecc.), scaricare grandi moli di dati.

 

 

2. Come funzionano le smart antennas del 5G?

Le antenne “intelligenti” (smart) dei ripetitori 5G hanno un funzionamento molto innovativo: a differenza di quelle esistenti sinora, non trasmettono più un segnale di copertura continuo sul territorio, ma attivano una sequenza di fasci che ruotano attorno all’antenna (un po’ come il fascio di un faro, ma i fasci vengono accesi per intervalli di tempo brevissimi, dell’ordine del millisecondo). Quando uno di questi fasci rileva la presenza di un utente che ha bisogno di comunicare con il ripetitore, l’antenna genera un fascio specifico puntato verso l’utente (o il gruppo di utenti) che ne ha bisogno, ed attivo solo per il tempo della comunicazione. Questi fasci sono molto direttivi, cioè irradiano il segnale elettromagnetico in una zona di spazio molto limitata intorno all’utente che richiede il servizio.

 

smart antenna

Video: nella prima parte del video è possibile visualizzare l’attivazione consecutiva dei fasci che ruotano intorno all’antenna per rilevare la presenza degli utenti (beamsweeping), nella seconda parte si vede che, quando degli utenti si connettono alla rete 5G, l’antenna dirige dei fasci dedicati solo su quegli utenti (beamforming) [fonte: Arpa Lazio]

Ulteriori chiarimenti anche in questo video: 5G Superfacile Le antenne 5G

 

3. Com'è fatto il segnale 5G?

Il segnale 5G è caratterizzato dall’occupazione di una banda di frequenza molto larga (fino a 100MHz per i segnali che si stanno implementando ora), che permette di gestire molti utenti contemporaneamente ed un elevato flusso di dati. All’interno di questa banda, il segnale è costituito da un insieme di “elementi base” (un po’ come mattoncini), detti sottoportanti, che si possono attivare per un tempo molto breve (detto durata del simbolo). Questi mattoncini vengono attivati solo quando serve, e quindi la banda del segnale non è mai tutta occupata per tutto il tempo, ma è utilizzata in modo discontinuo, a seconda di come avviene il “dialogo” tra il terminale e il ripetitore (quanti dati scarico, che tipo di dati, ecc.).

 

4. È vero che le onde del 5G sono “nuove”, ovverosia che non sono mai state indagate dalla scienza? (È vero che il 5G usa frequenze mai usate? - È vero che il 5G userà frequenze “migliaia di volte” superiori a quelle usate finora?)

Non esattamente.

Il 5G si insedierà su 3 diverse bande di frequenza: la prima è quella delle frequenze che venivano già usate dalle TV (700 MHz); la seconda è adiacente a quella degli attuali impianti di trasmissione dati wi-max ed LTE (3.7 GHz). Soltanto la terza (27 GHz) è stata meno utilizzata in passato, principalmente per servizi (come i radar) che non prevedevano esposizione della popolazione, ma da qualche anno hanno iniziato ad usarla anche alcuni gestori che offrono servizi dati, per distribuire internet nei paesi non serviti da fibra - WLL.

Sembra comunque che la banda a 27GHz (le cosiddette “onde millimetriche”) per il momento sarà sottoutilizzata. Infatti, nella gara del 2012 per l’assegnazione delle frequenze, le compagnie telefoniche hanno pagato tantissimo (oltre 6 miliardi di euro complessivamente) per assicurarsi i diritti sulle prime due bande, riservando invece pochissime risorse (poco più di 163000 euro) per quella a 27 GHz, sulla quale in Piemonte sono stati installati per ora pochi impianti.

Per quanto riguarda invece gli effetti sulla salute delle onde di frequenza elevata (in particolare le onde millimetriche), bisogna evidenziare che l’aumento di frequenza non è direttamente collegato ad un aumento dei possibili effetti sulla salute.

Infatti, all’aumentare della frequenza cambiano i meccanismi di interazione con i tessuti, ma questa variazione non è necessariamente associata ad un effetto più dannoso: basti pensare ad esempio che il calore irradiato da un oggetto caldo è un’onda elettromagnetica con frequenza migliaia di volte superiore a quelle del 5G, e la luce visibile ha frequenze un milione di volte superiori.

 

 

5. Cosa succede per quanto riguarda l’esposizione ai campi elettromagnetici? Rispetto ai segnali delle generazioni precedenti, cosa cambia in termini di impatto elettromagnetico per il 5G?

Per quanto riguarda l’uso del 5G per i terminali mobili (collegamento per lo scambio di dati), che è ad oggi il servizio che si sta maggiormente sviluppando, la variazione dei livelli di esposizione dei singoli utenti dipenderà sostanzialmente dall’ utilizzo di tale servizio. Infatti, date le caratteristiche delle antenne, che producono fasci di radiazione puntati in modo tale da garantire il servizio all’utente nel momento in cui ne fa richiesta, la popolazione risulta esposta a campi elettromagnetici solo nei brevi intervalli di tempo in cui si trova nella direzione di uno di questi fasci e sta avvenendo uno scarico dati. Questa è una delle grandi differenze rispetto a quanto avveniva per le generazioni precedenti di segnali, per i quali invece si aveva un’esposizione più continua su aree abbastanza ampie.

Quello che emerge dalle misure è che i livelli effettivamente rilevabili sono ad oggi molto bassi*, e questo è dovuto ad una serie di fattori:

- I pochi utenti ad oggi presenti attivano pochissimi fasci di radiazione dall’antenna, ed in assenza di terminali il campo elettromagnetico irradiato è prossimo a zero;

- Se il terminale che aggancia il fascio di radiazione si trova a pochi metri da una persona, questa riceve una radiazione trascurabile (perché il fascio è estremamente direttivo);

- il sistema di gestione del segnale è così efficiente che, anche se in una certa area sono presenti più smartphone, e tutti quanti scaricano un video ad alta definizione (quindi con un trasferimento dati consistente), la potenza irradiata verso quei terminali è solo una piccola percentuale della potenza massima.

Sintetizzando, si può dire che, per quanto riguarda l’utilizzo con terminali mobili, l’esposizione della popolazione nel suo complesso presumibilmente non aumenta in modo significativo rispetto a quella dovuta ai precedenti sistemi.

Per quanto riguarda invece i sistemi di connessione tra oggetti (Internet of Things - IoT) e i servizi dati (Fixed Wireless Access - FWA), essi sono ad oggi in una fase iniziale di sviluppo, nella quale i livelli di esposizione restano molto bassi. Tali servizi vengono inoltre implementati nella banda delle onde millimetriche, che sono completamente schermate quando non si è in visibilità diretta dell’impianto. Per tale motivo, l’impatto in termini di esposizione di queste reti risulta poco significativo.

*Da misure effettuate in 10 siti della città di Torino nel 2022, è in effetti risultato che i livelli di campo elettrico da segnali 5G costituiscono meno dell’1% dell’esposizione complessiva (oltre l’80% è correlata ai segnali 4G)

 

 

6. Qual è il ruolo degli enti di controllo nel tutelare la popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici generati dal 5G?

Gli enti coinvolti nella tutela della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici sono diversi, e si occupano di vari temi: la stesura delle norme ed indicazioni operative, le procedure autorizzative all’installazione di nuovi impianti o alla modifica degli impianti esistenti, il controllo e il monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico.

In particolare per il tema del 5G, sono state portate avanti una serie di iniziative, sia a livello di Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (SNPA), sia come Regione Piemonte, finalizzate a permettere un controllo efficace da parte di Arpa sulle installazioni di nuovi impianti. Date infatti le specificità di questo sistema per telecomunicazioni, è particolarmente importante definire criteri e metodi per il controllo delle emissioni in fase autorizzativa.

A livello nazionale, è stato approvato dal consiglio SNPA un documento di indirizzi tecnici che contiene indicazioni circa la documentazione che i gestori devono fornire in sede di richiesta di autorizzazione, le modalità per la valutazione ed il controllo della potenza irradiata dalle antenne, il confronto con i limiti e con i valori di attenzione per i sistemi 5G.

Inoltre, il sistema delle Agenzie ha concluso a fine 2022 l’attività di implementazione di un sistema unico a livello nazionale per l’accesso ai dati (forniti dai gestori) delle potenze effettivamente irradiate dagli impianti 5G quando in esercizio, per la successiva analisi ai fini l’individuazione di anomalie ed irregolarità.

In questo quadro, Arpa Piemonte ha coordinato un gruppo di lavoro, all’interno di un tavolo tecnico SNPA-operatori di telefonia, che ha realizzato un sistema per accedere ai dati della potenza irradiata da tutti gli impianti sul territorio e raccoglierli in un database al fine di effettuare le analisi necessarie al controllo dei livelli di esposizione della popolazione.

Grazie a questo sistema, i dati di potenza, sia autorizzata che effettivamente esercita dai singoli impianti, sono analizzati periodicamente ed in modo automatico. I risultati sono consultabili e gestibili da parte dell’intero sistema agenziale per la zona geografica di competenza.

La Regione Piemonte ha inoltre sempre mantenuto aggiornato il quadro normativo per garantire la corretta valutazione dell’impatto di queste sorgenti, nonché un adeguato popolamento del catasto delle sorgenti (vedere ad esempio la DGR n. 20-5331 dell’8 luglio 2022).

Oltre ai controlli e alle attività sopra riportate, Arpa effettua anche misurazioni per il controllo degli impianti installati (nel 2023 sono stati effettuati 308 interventi di misura presso impianti per telecomunicazioni in tutta la regione, di cui oltre il 60% presso siti 5G).

 

7.  È vero che Arpa e gli enti di controllo non sanno (ancora) come misurare il 5G?

Nonostante fino a fine 2022 non fossero ancora disponibili guide tecniche specifiche sui metodi di misura, le Arpa si sono organizzate per garantire di poter effettuare le misurazioni, ad esempio dotandosi di strumentazione in grado di misurare in tutti gli intervalli di frequenza del 5G, partecipando ad interconfronti per validare i propri metodi di misura, istituendo gruppi di lavoro per fare verifiche sulla risposta della strumentazione.

Inoltre, il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) ha recepito ad inizio 2023 la guida internazionale IEC 62232, che definisce criteri e metodi per la valutazione dell’esposizione umana anche a segnali 5G (e che costituisce riferimento per le misure finalizzate alle verifiche di conformità alla normativa italiana).

SNPA ha poi dato mandato alla rete tematica delle Agenzie di produrre delle linee guida sulla misura del 5G, al fine di ottimizzare l’applicazione della norma internazionale nella realtà italiana.

 

8. Come vengono date le autorizzazioni per i nuovi tralicci? L'Arpa è in grado di valutare preventivamente l'impatto elettromagnetico dei segnali 5G?

Arpa Piemonte sta tenendo sotto controllo la situazione dell’esposizione della popolazione ai nuovi sistemi, sia effettuando le valutazioni preventive all’installazione dei nuovi impianti 5G (per il rilascio dei pareri nell’ambito dei procedimenti autorizzativi), sia effettuando misure sugli impianti già attivati.

Le autorizzazioni vengono date in modo analogo a quelle per i sistemi 2G, 3G e 4G, con un approccio molto cautelativo verso la popolazione. Infatti, le valutazioni preventive vengono effettuate da Arpa, sulla base dei dati di progetto che i gestori sono tenuti per legge a fornire e tenendo in considerazione i peggiori scenari possibili rispetto ad attivazione dei fasci e distribuzione degli utenti.

Le valutazioni preventive forniscono quindi i livelli di esposizione massimi possibili per queste tipologie di impianti. In fase preventiva, viene verificato che tali livelli massimi rispettino i limiti, valori di attenzione e obiettivi di qualità fissati dal DPCM 08/07/2003 e s.m.i.,(art. 10 della Legge 214/2023)  in tutte le aree accessibili e negli edifici intorno alla nuova installazione, tenendo conto anche dei contributi di tutti gli impianti già esistenti nell’area.

 

9.  È vero che il 5G fa male? Possiamo garantire che queste onde non siano pericolose? I recenti (2018) risultati dell’NTP americano e del Ramazzini italiano hanno mostrato allarmanti conclusioni. È vero?

Nessuno può garantire che una cosa NON sia pericolosa, dipende dal suo utilizzo. Non si può quindi garantire che le onde elettromagnetiche RF non possano diventare pericolose in alcune circostanze.

Tuttavia, abbiamo strumenti che sono sensibilissimi alla loro presenza e il costante controllo e monitoraggio consente di assicurare che non si raggiungano situazioni di criticità.

Per quanto riguarda invece le esposizioni prolungate a bassi livelli di campo elettromagnetico, sono stati effettuati, nei decenni passati, più di 30000 studi in materia di effetti dei campi elettromagnetici sull’uomo. Tali studi sono stati presi in considerazione dagli enti e organizzazioni competenti sugli effetti e la tutela della salute umana quali l’Organizzazione Mondiale delle Sanità (OMS) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), giungendo alle considerazioni di seguito sintetizzate.

L’OMS tramite la sua agenzia per la ricerca sul cancro, IARC (International Agency for Research on Cancer), ha classificato l’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenze come “possibilmente cancerogena” (classe 2B). Tale classificazione esprime la presenza di limitate evidenze emerse in alcuni studi epidemiologici ma l’assenza di prove scientifiche sufficienti a stabilire un rapporto di causa effetto tra l’esposizione e il cancro. La classificazione IARC individua anche gli agenti sicuramente cancerogeni (classe 1) e quelli probabilmente cancerogeni (classe 2A). In particolare, l’inserimento nella classe 2B dei campi elettromagnetici a radiofrequenza è stato determinato da studi epidemiologici che hanno individuato la possibile correlazione tra l’esposizione a telefoni cellulari a patologie cerebrali, quali gliomi e neurinomi acustici.

Ulteriori elementi di valutazione sul tema degli effetti dovuti all’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenze possono essere trovati nel recente rapporto pubblicato dall’ISS “Radiazioni a radiofrequenze e tumori” (Rapporto Istisan 19/11), alla cui stesura Arpa Piemonte ha collaborato per la redazione dei capitoli introduttivi sulle informazioni di base e le caratteristiche dell’esposizione.

In relazione ad alcuni elementi del dibattito sulle novità introdotte dalla tecnologia 5G si possono fare le seguenti considerazioni:

  • gli impianti alle frequenze di 3.7 GHz, che vengono prevalentemente installati in questa prima fase di implementazione della tecnologia 5G, e gli impianti a frequenze di circa 700 MHz che verranno installati a partire dal 2022, emettono segnali che presentano frequenze analoghe a quelle già utilizzate da diversi anni nel settore delle telecomunicazioni. Tali impianti non rappresentano, quindi, una novità dal punto di vista della tipologia di segnale a cui siamo esposti. Diverso è il discorso degli impianti nella banda 27 GHz che sono frequenze a cui la popolazione non è stata esposta storicamente (pur essendo tali frequenze già state utilizzate, la tipologia di applicazioni non comportava esposizioni significative).

  • a sostegno dell’ipotesi di nocività delle esposizioni a segnali 5G vengono spesso citati due recenti studi, pubblicati nel 2018 dall’US National Toxicology Programme (NTP) e dall’Istituto Ramazzini di Bologna, riguardanti alcune evidenze di carcinogenesi in ratti da laboratorio esposti a radiofrequenze. Questi studi, in realtà, non sono stati condotti con segnali 5G ma con segnali a radiofrequenza tipici della tecnologia GSM (2G). L’intensità dei segnali utilizzati, inoltre, è di gran lunga superiore ai limiti previsti in Italia e, quindi, a quella che si può riscontrare in comuni condizioni ambientali. L’indagine dell’Istituto Ramazzini, che tra i due studi è quello che considera i livelli più bassi di esposizione, evidenzia la presenza di effetti a segnali di intensità pari a 50 V/m (con una esposizione continua per tutta la durata della gestazione e della vita dei roditori), mentre non vengono rilevati effetti a segnali di intensità più bassa. Si rileva che il valore di 50 V/m è molto più elevato di quello che è ammesso dalla normativa italiana (6 V/m in aree residenziali) e ancora maggiore di quello che si può comunemente riscontrare in un ambiente urbano densamente popolato (variabile tra 0.2 V/m e 2-3 V/m).

In definitiva, si può dire che al momento non ci sono indicazioni su una maggiore nocività delle emissioni da impianti 5G rispetto a quelle provenienti da impianti per telecomunicazione già da tempo installati sul territorio.

E’ necessario qui fare poi un’ultima ma importante precisazione: la presunta (gruppo 2B) pericolosità dei campi elettrici RF deriva non tanto dall’esposizione causata dalle antenne (tralicci), ma da quella dei dispositivi portatili (telefoni): si tratta infatti di due esposizioni molto differenti, che sono trattate epidemiologicamente con metodi differenti e che portano a risultati differenti.

Questo fatto deve essere quindi preso in considerazione nell’utilizzare i telefonini in modo consapevole (vedere a questo proposito le attività e documentazioni Arpa: https://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/educazione-ambientale/coe/cellulari-e-campi-elettromagnetici , https://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/educazione-ambientale/patentino-smartphone/decalogo-uso-dello-smartphone/view ).

Bisogna inoltre tenere presente che la stessa evoluzione tecnologica consente la riduzione dell’esposizione causata dai telefonini, e ciò è in atto già da alcuni anni: infatti, a parità di condizioni al contorno un moderno telefono 4G irradia molto meno (fino a 20 volte meno) di un 2G. E il trend di diminuzione si conferma ad ogni salto di tecnologia (per approfondimenti, vedere http://www.arpa.piemonte.it/arpa-comunica/file-notizie/2014/relazione-telefonini-24-maggio-2014damore.pdf).

 

10. Esistono dati sul rischio e limiti di esposizione per tutte le bande di frequenza?

Esistono studi sugli effetti sulla salute nella quasi totalità degli intervalli di frequenza per i quali esistono sorgenti che emettano tali campi elettromagnetici, comprese le bande di frequenza che recentemente sono state assegnate al 5G (perché vi erano già altre sorgenti che le sfruttavano).

A livello europeo, i limiti vengono fissati prendendo in considerazione questi studi e, laddove essi siano più carenti di informazioni in alcune bande di frequenza, usando dei criteri di maggiore cautela per la tutela della salute, arrivando a definire limiti per qualsiasi valore di frequenza tra 100kHz e 300 GHz.

Nel 2020 la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti ha raccolto tutti gli studi sui rischi e conseguentemente aggiornato le linee guida per la definizione dei limiti di esposizione su tutte le bande di frequenza, inserendo una sezione specifica relativa alle esposizioni brevi (tipiche del 5G).

 

 

12. Esistono dei limiti più bassi per scuole ed ospedali?

Le scuole e gli ospedali rientrano nei luoghi a possibile permanenza prolungata della popolazione, per i quali vale già il limite più basso della normativa italiana, il “valore di attenzione” di 6 V/m (limite per il campo elettrico mediato su 24 ore) innalzato con legge 214/2023 a 15 V/m.

Sono comunque sempre possibili e doverose soluzioni ed accorgimenti per limitare l’esposizione, soprattutto per quei recettori più “sensibili”. In particolare, la LR 19/2004 prevede la possibilità, per i Comuni, di emanare un regolamento sulla localizzazione degli impianti per telecomunicazioni, identificando le aree sensibili e quindi condizionando l’installazione degli impianti al rispetto di specifici requisiti, o vietandone l’installazione su singoli edifici.

 

 

13.  È applicabile il principio di precauzione nello sviluppo delle reti 5G?

Il principio di precauzione costituisce una raccomandazione a prendere in considerazione azioni per la riduzione di un possibile danno, anche quando non è certo che questo avvenga.

Si tratta di un concetto apparentemente semplice, ma dalle implicazioni piuttosto complesse, sia nella definizione del concetto di possibile danno, sia in quella del livello di incertezza associato alle conoscenze scientifiche, sia nella definizione delle possibili azioni da intraprendere. Un esempio di azione che può essere intrapresa in ottemperanza al principio di precauzione è l’applicazione di limiti più restrittivi rispetto alle soglie per cui sono noti effetti certi sulla salute (proprio al fine di tenere conto dell’incertezza associata alla valutazione di questi effetti): questo è l’approccio seguito ad esempio nella stesura del DPCM 08/07/2003 per l’esposizione a campi elettromagnetici, fissando il valore di attenzione e l’obiettivo di qualità.

In generale, per la questione dei campi elettromagnetici l’ applicabilità del principio di precauzione è stata molto dibattuta, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha concluso che le iniziative di tutela della salute promosse dagli organismi preposti (ad esempio, la fissazione dei limiti fatta applicando ampi fattori di riduzione alle soglie oltre le quali sono riscontrabili effetti accertati sull’organismo umano), costituiscono una adeguata gestione del rischio. Non ha comunque escluso la possibile applicazione di ulteriori politiche di tutela, ispirate però non al principio di precauzione tout-court, ma ad una sua specificazione detta “principio di Prudent Avoidance”.

Il principio della “prudent avoidance” prescrive l’adozione di misure a basso costo per ridurre l’esposizione, in assenza di una qualunque previsione scientificamente giustificabile che tali provvedimenti riducano il rischio. Questi provvedimenti sono generalmente sotto forma di raccomandazioni volontarie, e non di limiti o regole stringenti.

Per quanto riguarda lo sviluppo delle nuove reti 5G e la possibile esposizione della popolazione, vanno certamente in questa direzione iniziative quali l’emanazione dei regolamenti comunali sull’installazione dei nuovi impianti, o le iniziative di informazione del pubblico sul corretto utilizzo dei terminali mobili al fine di ridurre l’esposizione personale (che nel caso del 5G è tantopiù rilevante, dato che le antenne radiobase generano fasci di radiazione soltanto verso gli utenti che utilizzano terminali).

 


 

14. L’avvento del 5G richiede un adeguamento della normativa nazionale?

Tra le problematiche poste dall’avvento della tecnologia 5G vi è anche quella dell’adeguamento normativo. La normativa italiana risulta più cautelativa rispetto a quella di altri paesi europei anche se consideriamo che il valore di attenzione di 6 V/m va valutato come media sulle 24 ore e non come media su 6 minuti (tempo su cui viene mediato il valore limite). Infatti, il valore di esposizione mediato su 6 minuti deve comunque essere inferiore ai limiti fissati dalla normativa nazionale (20 V/m o 40 V/m in base alla frequenza), e inoltre sulla base delle numerose campagne di monitoraggio è stato possibile verificare che i valori mediati su 6 minuti non hanno mai superato livelli dell’ordine della metà dei limiti.

Questa normativa rimane quindi cautelativa rispetto alle altre norme europee. Essa non prende però in considerazione i valori di picco possibili nel caso di esposizioni per brevi periodi (inferiori a 6 minuti) a segnali a radiofrequenza.

La limitazione di picchi di esposizione che si possono verificare in brevi periodi temporali, presa in considerazione nell’ultima revisione delle linee guida ICNIRP (pubblicate nel 2020), risulta particolarmente importante per i segnali 5G che sono rapidamente variabili e, pur in presenza di livelli medi molto bassi, potrebbero dare luogo ad esposizioni di picco significative.

Arpa Piemonte ha a tal proposito effettuato alcune prove per valutare a quale distanza dagli impianti di nuova installazione vengono rispettati anche i limiti fissati dalle linee guida ICNIRP per esposizioni localizzate di durata inferiore ai 6 minuti.

Sulla base delle attuali condizioni di realizzazione degli impianti, risulta che per esposizioni di durata 8-10 secondi (caratteristiche di uno scarico massivo di dati, ad esempio un video 4K), i limiti ICNIRP sono rispettati a partire da distanze dall’antenna dell’ordine dei 2-4m per antenne installate in ambito urbano, e dell’ordine dei 3-5m per antenne installate in ambito sub-urbano ed extraurbano.

Tali linee guida non sono però ancora state recepite a livello europeo (per cui è ancora vigente la Raccomandazione del 1999).

Per quanto riguarda la situazione della normativa in Italia, è opportuno ricordare che con la legge sul mercato e la concorrenza del 31 dicembre 2023 è stata prevista la revisione dei limiti fissati dal DPCM 08/07/2003, in relazione proprio allo sviluppo del 5G. Tale revisione dovrà avvenire entro maggio del 2023.

 

15. Come si sta sviluppando la rete 5G in Piemonte?

Con il nome di “tecnologia 5G” si intende un nuovo standard di telecomunicazioni, che è in corso di installazione con diverse possibili applicazioni:

  • l’uso di antenne attive, le cosiddette “antenne intelligenti”, nella banda di frequenza 3.7GHz, che è sostanzialmente la stessa già in uso in precedenza per alcune connessioni dati nel 4G, per fornire servizi sui terminali mobili (smartphone);

  • l’uso di antenne passive (analoghe a quelle dei sistemi precedenti al 5G) nella banda di frequenza 700MHz, per fornire servizi mobili nelle aree a minore copertura;

  • l’uso di antenne attive nella banda di frequenza 27GHz (le cosiddette “onde millimetriche”), per fornire servizi dati quali ad esempio quelli per le auto a guida autonoma, i musei virtuali, la medicina a distanza, ed anche per le coperture dati nelle aree prive di connessioni in fibra;

  • l’implementazione di un sistema “ibrido” nel quale convivono 4G e 5G, con il riutilizzo delle attuali antenne passive per il 4G e delle sue stesse bande di frequenza. Quest’ultimo sistema viene indicato con l’acronimo DSS (Dynamic Spectrum Sharing – condivisione dinamica dello spettro), ed è anch’esso dedicato si servizi di telefonia mobile.

Le diverse applicazioni comportano caratteristiche molto differenti per quanto riguarda le sorgenti, le frequenze utilizzate e i possibili livelli di esposizione.

Ad inizio 2024 gli impianti 5G autorizzati sul territorio piemontese sono:

  • circa 2300 con antenne attive nella banda di frequenza 3.7GHz

  • circa 1300 con antenne passive nella banda di frequenza 700 MHz

  • circa 120 con antenne attive nella banda delle onde millimetriche (rete ancora in fase embrionale)

  • circa 1600 con sistema DSS

La presenza di impianti 5G sul territorio piemontese può essere verificata dai cittadini consultando il geoportale di Arpa (https://webgis.arpa.piemonte.it/secure_apps/portale_cem/), attivando la tipologia di impianti di interesse alla sezione "Sorgenti" del menu in alto, nell'area "Sorgenti TLC". Dalla mappa è possibile osservare che le sorgenti 5G sono diffuse su tutto il territorio regionale, ma con minore densità di impianti nelle zone extraurbane (dove prevalgono i servizi 4G).

 

 

16. Tutte le SRB installate di recente hanno sistemi 5G?

No, attualmente gli impianti di telefonia nella regione Piemonte sono circa 8300 e di questi è circa il 50% ad implementare anche il sistema 5G. In termini di installazione di nuovi impianti o modifica di esistenti, nel 2023 le richieste riguardanti il 5G sono state circa l’80% delle richieste totali.

L’aggiornamento quotidiano degli impianti 5G per i quali Arpa rilascia un parere tecnico in fase autorizzativa è disponibile sul Geoportale di Arpa (https://webgis.arpa.piemonte.it/secure_apps/portale_cem/).

 

17. Sta aumentando il numero di antenne/tralicci?

La risposta a questa domanda dipende dal tipo di servizio e dalla banda di frequenza.

Per i servizi sui terminali mobili (smartphone), nella banda di frequenza 3.7GHz, il numero di tralicci non sta aumentando significativamente. Questo perché le capacità di copertura del territorio di queste antenne sono analoghe a quelle delle antenne dei precedenti sistemi, e quindi è analogo anche il numero di punti sul territorio nei quali è necessario installare i nuovi sistemi (che vengono spesso integrati sui tralicci già esistenti).

Per i servizi IoT, in particolare nella banda di frequenza 26.5GHz, la copertura dovrà essere garantita installando un maggior numero di “microcelle” a bassa potenza: il numero di antenne aumenterà, ma le emissioni di ciascuna antenna saranno decisamente più contenute rispetto agli impianti sopra citati.

Il maggior numero di impianti è infatti proprio dovuto alla loro minore capacità di coprire grandi aree del territorio (ciascuna antenna ha un’emissione estremamente localizzata nelle sue vicinanze).

 

 

 

 

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